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MAURO CICARÈ LA PARTITA ROMA
INTRODUZIONE
LA PARTITELLA
(...) Dietro al ricciolo teso, nella controra di questo calcio senza spettacolo riconsegna il sudore e la fatica al silenzio che meritano. E questo abbassamento di volume è un atto politico e perciò anche umano e sportivo.
Lo stadio torna a essere solo un campo da calcio come quello delle partitelle dei ragazzini dove non ci stanno spettatori. In quei prati con le porte fatte da due zeppi o un paio di giacche che segnano i pali non ci sta manco l'arbitro, perché tutti vogliono soltanto giocare. E spesso tutti stanno in attacco.
Se qualcuno si avvicina viene tirato dentro come Giorgio, Giannetto, Carlo, il Moro che al Trullo cinquant'anni fa chiamavano Pasolini "Fermete, a Pa', dà du' carci co' nnoi!" e in mezzo ai venticinquenni un po’ stempiati e con qualche annetto di galera c’erano i fratelli minori di primo pelo a giocare tra i lotti della borgata. Giorgio pareva Carlo Levi, Giannetto era Moravia e il Moro sembrava Elsa Morante quando s'arrabbia.
E in mezzo alla polvere e alle pallonate ci poteva stare pure qualche silenzioso spettatore, magari un po’ scucchione e greve con la bocca amara e chiusa o aperta e piena di denti come gli spettatori di Cicarè. (...)
Ascanio Celestini
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