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 GIORGIO CAVAZZANO: DISNEY A VENEZIA

Intervista a cura di Fabrizio Lo Bianco


Il suo segno incarna perfettamente la sintesi tra tradizione e innovazione, anche all'interno delle storie - tantissime - disegnate per la Disney, laddove la sperimentazione apparirebbe meno praticabile. È Giorgio Cavazzano, erede dell'indimenticabile Carl Barks e rivoluzionatore di linguaggi pur sulla scia di un altro grande maestro, Romano Scarpa. Nato a Venezia il 19 ottobre del 1947, Cavazzano inizia il suo cammino nel mondo del fumetto inchiostrando (inizia ad appena 12 anni) le tavole del cugino, Luciano Capitanio. In seguito si dedicherà a quelle di Luciano Gatto - un altro maestro Disney - per poi avviare una lunga e proficua collaborazione con Scarpa. Il giovane Cavazzano raggiunge la maturità artistica molto presto e nel 1966 realizza, su testi di Osvaldo Pavese, la sua prima storia Disney non più da inchiostratore da disegnatore (Paperino e il singhiozzo a martello). Dopo l'esordio di stampo "scarpiano", il suo stile si personalizza sempre di più e negli anni '70 acquisisce un dinamismo assolutamente inedito nelle storie di paperi e topi. È quello che viene definito il periodo "techno" dell'artista, durante il quale l'artista si dedica a personaggi al di fuori della Disney. Nascono così le coppie Oscar e Tango, Walkie e Talkie e Smalto e Johnny (testi di Giorgio Pezzin), e ancora Altai & Johnson (testi del futuro "padre" di Dylan Dog, Tiziano Sclavi). Sono anni nei quali Cavazzano si dedica anche al disegno realistico-caricaturale che lo porterà sulle pagine di Linus. La Francia ben presto si invaghisce del segno morbido del veneziano che comincia a collaborare con la rivista per ragazzi Pif. Comincia quindi il sodalizio con François Corteggiani (per varie testate tra cui Le Journal de Mickey) dalla quale nasce la versione a fumetti del lungometraggio The Great Mouse Detective (in Italia Basil l'investigatopo). La matita di Cavazzano ha dato vita a tanti personaggi (ricordiamo ancora Capitan Rogers e Timoty Tytan) al fianco di importanti sceneggiatori. Tra le collaborazioni più significative, quella con Bonvi (Franco Bonvicini), il papà delle Sturmtruppen, con le storie realizzate per la Bonelli pubblicate nel '98 nell'albo La Città.

Quali sono i disegnatori che ti hanno maggiormente influenzato?
Sicuramente molti autori americani, alcuni francesi e naturalmente l'autore belga Franquin che amo tantissimo. Gli autori americani che mi hanno fatto crescere sono Jack Davis e per l'avventuroso Alex Toth, Milton Caniff e molti altri. Sono autori che ritengo straordinari per qualsiasi disegnatore che voglia iniziare e voglia anche conseguire dei risultati. Devo dire, in tutta sincerità, che li ho studiati molto e anche copiati. Copiare diventa indispensabile per capire ed avere un bagaglio di memoria creativa. Un altro grande è sicuramente Uderzo con il suo Asterix. Quindi, come vedi, sono molti i disegnatori, i colleghi, che mi hanno svezzato ed aiutato a conseguire una maturità arrivata abbastanza presto. Ma soprattutto per quell'indispensabile momento creativo, per conseguire la tranquillità nell''impaginazione e nella regia della tavola.

C'è qualche esponente dell'arte "colta" da cui hai preso spunto?
Klimt, non dico che possa essere inserito nel mondo del fumetto, ma pittoricamente mi è stato molto utile e molto vicino.

La tua città è Venezia, patria della grande pittura veneta: pensi ci sia qualche pittore "storico" che ha lasciato la sua eredità artistica anche al fumetto?
Sicuramente Tiepolo, con i suoi straordinari chiaroscuri, le lumininosità e i drappeggi. Ritengo che sia un autore da capire e da tener ben presente in qualsiasi momento della nostra attività.

Tu sei stato un precursore del fumetto "cinetico", portando una notevole scossa dinamica nel modo di disegnare Disney in Italia. In seguito sono arrivati i manga che hanno nelle linee cinetiche una loro prerogativa: cosa ne pensi di questo genere di fumetti?
Tutto il bene e tutto il male possibile, nella stessa maniera. Nel bene possibile, c'è la grande innovazione che hanno saputo trasmettere. Se confrontiamo la nostra produzione negli anni '70 e quella successiva dopo l'avvento dei manga vediamo che c'è stata una grande rivoluzione sia creativa che editoriale che ha avuto delle ripercussioni sui giovani autori e che ci ha insegnato molto. Ricordo Akira di Otomo come una scoperta straordinaria, per i personaggi sia principali sia secondari e per il dinamismo delle tavole. Il male possibile, perché hanno scardinato tutto un sistema soprattutto editoriale con la chiusura di molte case editrici. Insomma dall'avvento dei manga è cambiato tutto e il mercato non è più lo stesso. So che molti autori attualmente si rifanno a quel genere senza però conoscere quella che è stata un po' la patria del fumetto stesso. Ed è una grossa perdita, per cui consiglio sì di seguire i manga ma anche di ritornare alle nostre origini. Un simile abbinamento non sarebbe male.

Quali saranno i tuoi prossimi impegni?
Sto lavorando ad un progetto d'animazione e sto creando dei personaggi per un pilota che uscirà nei prossimi mesi. Di più non posso dire, non per scaramanzia ma per serietà professionale. In più un nuovo progetto della Disney di cui non posso darti anticipazioni se non che la Disney sta lavorando molto bene, facendo le cose in maniera interessante e coraggiosa.

Ci puoi parlare del tuo sodalizio con Bonvi?
È stata un'esperienza bellissima che purtroppo, come ben sai, non è durata molto. Ho un grande rammarico ed è quello di non aver iniziato prima e non aver dato ascolto a Bonvi che fin dal lontano '78, '79 mi propose di lavorare insieme ma ero talmente preso da tutta una serie di altre collaborazioni che non potevo dedicarmi anche a quell'idea. Alla fine sia lui che Alfredo Castelli insistettero talmente tanto che mi costringessero a riprendere il mio vero stile, che non è tanto quello disneyano ma è più grottesco-caricaturale, una via di mezzo tra il tutto tondo disneyano e l'avventuroso di Alex Toth e compagnia bella. All'inizio avevo un po' di ruggine e non me la sentivo proprio. Mi ha aiutato molto la buona volontà di Bonvi che sentivo quasi quotidianamente al telefono e l'originalità delle sue sceneggiature. È stata una bella esperienza, molto triste per come è finita. Ho ancora un po' di tristezza nel ripensare a quello che avrei potuto fare e non ho fatto.

Il titolo di una tua storia che ti porteresti appresso per un viaggio...
Una è difficile, ne porterei via due. Una è la mia Casablanca, di cui fortunatamente sono riuscito ad avere gli originali per meriti, che rappresenta uno dei miei migliori momenti creativi e una scoperta del personaggio di Topolino, un personaggio interessante, da studiare e capire molto di più di quanto sia avvenuto in passato. L'altra è La Strada perché rappresenta anch'essa un bel momento perché ho potuto parlare con Federico Fellini e mi ha fatto conoscere un sacco di amici da Vincenzo Mollica a Giulietta Masina. Sono quei lavori che rimangono dentro e legate ad un momento creativo importante. Al di fuori di Disney, se potesi riprenderli, riprenderei i personaggi di Altai e Johnson che mi hanno aiutato a crescere non solo stilisticamente e a capire quale era il mio pubblico. È importante anche per noi avere dei punti di riferimento: io ho sempre rispettato il pubblico e l'ho potuto constatare con Altai e Johnson e con queste storie.

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